Annullamento della necessaria coesione - Sgretolamento e frantumazione per azione dell'erosione La disgregazione dell’io umano si presenta come un crepuscolo lento e sottile, una dissoluzione che non si annuncia con frastuono ma si insinua come la nebbia che avvolge senza premura ogni contorno, cancellandone i confini con una carezza fredda e inesorabile. È un disfare interiore, un lento sciogliersi delle fibre intime che legano il soggetto a sé stesso e al mondo, un processo di sfaldamento che dipinge l’anima con tinte di smarrimento e di fragile bellezza. L’io, un tempo saldamente ancorato alle proprie radici di senso, si trasforma in un mosaico di frammenti luminescenti e opachi, le cui crepe raccontano storie di perdite invisibili e silenzi profondi. Ogni pezzo riflette una diversa luce, ma nessuno contiene più l’intera immagine, eppure l’insieme continua a esistere, sospeso tra memoria e oblio, tra l’eco di ciò che è stato e il vuoto di ciò che non è più.In questo smarrimento, la coscienza si fa fragile, come un cristallo sottile che rischia di spezzarsi al minimo tocco, eppure, paradossalmente, è proprio in questa precarietà che si manifesta la sua più autentica essenza. La disgregazione, infatti, non è solo perdita o annientamento, ma anche rivelazione: uno squarcio nel velo delle apparenze che permette di cogliere, nell’assenza, una nuova forma di presenza, nell’interruzione, una possibile continuazione. In questa luce, la disgregazione diviene allora un atto artistico, una scultura invisibile che modella l’identità non più come un blocco unico e impenetrabile, ma come un’opera aperta, incompiuta e mutevole, capace di accogliere la caducità e l’incertezza come elementi costitutivi del proprio stesso essere. Un’opera che si dispiega tra ombre e bagliori, tra crepe e riflessi, e che invita a una visione più complessa e compassionevole dell’umano.