3 date - 3 Laboratori
3 date - 3 Laboratori
Alessandro Comandini
Andrea Bernabini
Diego Salvador
Paola Musumeci
©2022 - Fag - Design by Monica Bisin
About
Medico oncologo, ha iniziato a fotografare da bambino e, da allora, non ha più smesso.
Nel corso degli anni ha approfondito lo studio della fotografia come linguaggio, attraverso un approccio narrativo ed ironico all’autoritratto. I suoi lavori sono stati esposti in diverse mostre, personali e collettive e sono stati oggetto di pubblicazioni sia cartacee che on-line.
La sua formazione scientifica, abbinata alla passione per la fotografia, lo ha portato ad approfondire le tematiche relative alla visione e rappresentazione della realtà alla luce delle più recenti scoperte delle neuroscienze. Da alcuni anni tiene un workshop, unico nel suo genere, dedicato alla neuroestetica applicata alla fotografia.
Alessandro Comandini
Fo.Box
Fotografia e Installazione
La realtà visuale è stata definita una “allucinazione controllata”, perché è il nostro cervello che ricostruisce la scena visiva, tridimensionale, in cui siamo immersi, dopo aver scomposto ed elaborato gli impulsi elettrochimici provenienti dalla retina. Ciò che vediamo è una interpretazione plausibile e funzionale al nostro agire, ricostruita utilizzando gli input provenienti da tutti i nostri sensi.
“L’immagine” che dalla retina raggiunge il cervello è, di fatto, bidimensionale, grosso modo sferica, disomogenea, dettagliata soltanto in una piccola area, grande come una capoccia di spillo: la fovea.
Per vedere distintamente l’intera scena visiva, i nostri occhi sono perciò costretti a muoversi continuamente (movimenti saccadici), soffermandosi di tanto in tanto sui punti rilevanti dell’immagine (fissazioni).
FO.BOX è un gioco volto ad esplicitare questo meccanismo e a ricordarci che, ciò che vediamo, è frutto di una esplorazione inconscia e di una ricostruzione arbitraria, asincrona e soggettiva della realtà.
Nota a margine
Monica Bisin
Con FO.BOX la visione diventa esperienza consapevole, un processo che si disvela nella sua natura frammentaria e costruttiva. L’opera non mostra semplicemente una immagine, ma mette in scena la dinamica invisibile del nostro sguardo: quel continuo oscillare, fissare, ricomporre che trasforma la percezione in un atto creativo.
Il progetto ci allontana dall’idea ingenua di uno sguardo neutro e oggettivo. Ci ricorda che vedere non significa registrare il reale, ma generare una sua versione: incompleta, soggettiva, mutevole. FO.BOX lavora proprio su questa soglia fragile, dove la visione si rivela come un montaggio istantaneo e discontinuo, un equilibrio instabile tra memoria, attenzione e immaginazione.
Giocare con FO.BOX significa confrontarsi con i limiti del nostro vedere, ma anche scoprire la potenza interpretativa che ci abita. L’opera si colloca così tra arte e scienza, trasformando un meccanismo percettivo in un dispositivo poetico: ci mostra che la realtà visiva non è mai data una volta per tutte, ma è il risultato di un dialogo incessante tra corpo e mondo.
Isidore
Fotografia e Installazione
Per scoprire cosa si cela dietro al drappo di stoffa nero, occorre essere curiosi, avvicinarsi, toccarlo. Occorre voler guardare.
Per vedere il volto di Isidore, è necessario sollevare il drappo che lo cela, lasciando che la luce lo illumini.
La fotografia nasce dalla luce e, attraverso la luce, ci parla: “I love you”.
E’ Isidore che parla?
“Isidore”, ritratto ispirato all’opera surrealista di Man Ray “L’ enigma di Isidore Ducasse” del 1920, ci fa riflettere sulla fisicità della nostra esperienza estetica, sulla multi sensorialità, sulla vicinanza, sul contatto e l’alienazione emotiva che la tecnologia sta generando.
Viviamo in un mondo ibrido, nel quale i sentimenti, i rapporti, le identità che accompagnano la nostra esistenza in rete sono reali e forti, come quelli della vita di un tempo.
Un mondo fatto di epifanie, immagini immateriali ed evanescenti in cui sempre più spesso ci specchiamo, finendo per amare noi stessi nel riflesso degli altri.
“I love you” siamo noi stessi a ripetercelo, ogni momento. Non è vero Isidore?
Nota a margine
Monica Bisin
Davanti a quest’opera lo spettatore non può restare distante: è invitato ad avvicinarsi, a superare la barriera che separa il visibile dal nascosto. Solo accostandosi, solo compiendo il gesto concreto di scoprire ciò che è velato, si apre la possibilità dell’incontro con Isidore. Il volto, nascosto nell’ombra, si concede soltanto quando la luce lo attraversa, ricordandoci che la fotografia esiste proprio grazie alla luce, e che attraverso di essa prende vita come linguaggio.
Il lavoro si ispira al celebre enigma surrealista evocato da Man Ray, ma non si limita a una citazione: ne prolunga il senso. Ci mette di fronte a una riflessione sull’esperienza estetica come dimensione corporea e sensoriale. Guardare non basta, serve toccare, essere presenti, lasciare che la curiosità diventi parte del nostro modo di sentire l’immagine. Ma insieme a questo invito alla prossimità, l’opera rivela anche la distanza che la nostra epoca ha costruito: una distanza fatta di schermi, di immagini immateriali, di rapporti che vivono e si consumano nel digitale.
Il lavoro ci parla quindi del nostro tempo, un tempo in cui realtà e virtualità si intrecciano. Le relazioni e le emozioni vissute in rete sono autentiche e potenti, ma allo stesso tempo fragili, perché prive del corpo, del contatto, della concretezza che tradizionalmente accompagna il legame umano.
NB.
ACQUISTO OPERE
In entrambi i progetti è possibile acquistare tutta la piccola installazione.
Potete acquistare direttamente sul posto nei giorni di evento oppure chiedere informazioni su costi, ritiro ed eventuali spedizioni attraverso il modulo sottostante.
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