Patrocinio del Comune di Pomezia
Partnership culturale della Fiaf
Sostegno Banca di Credito Cooperativo di Roma, Agenzia 110 di Pomezia

A cura di Monica Bisin
Catalogo e multimedia Emma Cassino
In collaborazione con: Ida Di Pasquale, Girolamo Mingione, Stefania Pascucci
In collaborazione con i ragazzi del Liceo Artistico Pablo Picasso di Pomezia
Foto di copertina Barbara Businaro (centro) e Rosy Carletti (dx)

Date - luogo - orari
8,9,10 dicembre e 15,16,17 dicembre
Torre Civica di Pomezia - Piazza di Indipendenza

venerdì 8  ore 15.00/19.00 - venerdì 15  ore 15.00/18.00
sabato e domenica 11.00/13.00 - 15.00/19.00
Inaugurazione venerdì 8 dicembre ore 16.00


L’evento ospiterà:

La mostra fotografica collettiva: “Anemos” – Soffio vitale

Introduzione di Michele Coccioli

“Il vento soffia dove vuole e tu ne odi il rumore, ma non sai né da dove viene né dove va: così è di chiunque è nato dallo Spirito” ( La Sacra Bibbia, Giovanni 3,8 )
E’ il passo di San Giovanni, che riferisce il celebre colloquio di Gesù con Nicodemo venuto ad interrogarlo nella notte. In questo passo del testo originario greco si incontrano ambedue i significati di vento e di Spirito.
Il vento si fa soffio vitale, quel soffio che anima un corpo e dona significato alla vita. Un soffio che consente agli eventi di fluire, diventando volontà, realizzazione e discernimento. L’anima quindi è quel principio talmente ineffabile che gli antichi non seppero indicarla se non ricorrendo all’idea del vento, la cui presenza non essendo visibile è provocata dagli effetti che provoca e non dalla diretta percezione di essa.
In ogni tempo e luogo tutte le religioni hanno condiviso il concetto di anima nel senso di Spirito, concetto talora esteso anche ad esseri assolutamente materiali. L’anima umana o Spirito ( psyche in greco) è costantemente concepita dotata della capacità di esistenza anche separata dal corpo, ed in grado persino di trasmigrare da un corpo all’altro, o di ascendere ( ad essere trasportata ) sino alle Dimore Divine, o di vagare in un non meglio definito Al di là.
La cessazione del respiro ( = soffio ) corrisponde infatti al morire, al non essere più un essere vivente. Da qui la definizione fra esseri viventi ed esseri inanimati ( gli oggetti in tutta la loro varietà ). Questa caratteristica di separabilità dal corpo eppure di sopravvivenza dell’anima al di là della morte dell’individuo ( immortalità dell’anima ) è presente ovunque si giri il mondo.
 Si, questi sono concetti giganteschi che mi riportano per esempio alla tecnica delle funi che studiavo ad “Architettura”, a quel trefolo di canapa chiamato “anima” intorno a cui vengono attorti i trefoli esterni di acciaio; funi incordate senza il trefolo centrale si chiamano “senza anima”. Similmente nell’ingegneria strutturale si parla di “anima” in tutte le situazioni dove gli elementi come il calcestruzzo o il legno sono dotati di un singolo elemento di acciaio che ne aumenta la resistenza alle sollecitazioni meccaniche esterne.
Si intuisce così perché San Tommaso definì l’anima “la forma del corpo”, ciò che dà la forma, la “potenza” che consente alla materia di avere la forma che ha.
Ma nell’uso comune si parla figuratamente anche di anima di un racconto, di un paesino di cento anime o delle anime buone dei soccorritori, persino dell’anima di una barca a vela. All’origine di tutte le parole che indicano l’anima c’è il respiro, il fiato, il vento: anemos dal sanscrito aniti, “egli soffia”.
Ogni volta che issiamo una vela, entriamo a far parte di un mondo antico nel mezzo dell’anemos del Mediterraneo. Nei nomi dei venti e nella loro origine sono racchiusi racconti che, da sempre, hanno stimolato la letteratura e le arti: un viaggio affascinante e poetico tra miti e leggende, di ieri e di oggi. Brezze leggere o raffiche violente portano l’uomo su alcune delle infinite rotte mediterranee, tracciate dai figli di Eolo.
Mi piace allora immaginare di essere un navigante solitario che, con l’intervallarsi della rosa dei venti, scrive il suo diario di bordo chiedendo a Eolo benevolenza nella decisione di arrestarli o eccitarli, di farli ululare o meno fino a un approdo di speranza.
Mi piace ancora immaginare di essere Anassimete da Mileto, “padre filosofico dei venti” , che sulle rive del mare incanta gli esuli nel ricordare che i tre elementi fondamentali del Cosmo ( acqua, terra, fuoco ) sono generati dal vento per rarefazione e condensazione dell’aria.
Trovo affascinante questo rapporto con il mare: il vento si fa anemos, parola potente, evocativa, inafferrabile, misteriosa e spirituale associabile al respiro dell’uomo e a quello infinito e profondo della natura.
Il mare ha le sue sirene e non bisogna illudersi dei loro canti illusori, non bisogna però precludersi la possibilità di cercare e guardare le stelle, anche quando la terra offre magmi bollenti e pietre laviche.
Questi eventi avversi della vita non si combattono armandosi di spade, scudi e corazze, basterà piegare il vento contrario con la sola forza della purezza dell’anima, implicando la sua capacità di adoperare la parola senza però essere schiava di pregiudizi, anteponendo la libertà di espressione come fosse brezza di vento.
La mostra collettiva “Anemos” attraversa le epoche inseguendo questo alito vitale con cui gli uomini hanno cercato di definire loro stessi: le fotografie esposte sono un viaggio nelle parole e nel pensiero. Un viaggio che si muove tra terre antiche e nuove, tra il mito e le neuroscienze, inseguendo un orizzonte nitido: risvegliare, purificare, ravviare l’anima genuina che è spirito, coscienza, intelligenza e amore.
Le fotografie, infatti, narrano gli stati d’animo dello scibile umano; rappresentano la vita attraverso la loro sfera più emozionale, a dimostrare che è possibile lasciarsi andare alla vita, alle sensazioni positive, ai sentimenti che ci invadono senza però farli sopraffare e sparire nell’incanto illusorio di una perfezione che, in questo mondo, è introvabile.
Le esperienze di vita a volte creano legacci al dolore, gelidi nodi relazionali, ricordi da dimenticare. Ma allo stesso tempo producono libertà d’essere, che si trasforma in certezza di non aver vissuto invano.
Come il vento, “lo Spirito soffia dove vuole”; gira e rigira, giocherellando qua e là tra i nostri cartigli, per scompigliare ogni nostra certezza e ridare un ordine nuovo alla nostra vita.
Non sappiamo dove voglia condurci, né quale sia l’opera delle sue mani.
E morte e vita, gioia e dolore, sorrisi e lacrime inneggiano a gloria di colui che dal nulla trasse tutte le cose: Così è chiunque è nato dallo Spirito”.

Gli Autori
Barbara Businaro - Barbara Sgavicchia - Emma Cassino - Grazia Randone  
Graziano Franceschin - Ida Di Pasquale - Laura Sabatino - Matteo Groppi - Michele Coccioli
Monica Bisin - Monica Zorzi - Paola Panatta - Rino Rossi - Rosy Carletti -  - Stefania Pascucci
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Esposizione di 4 progetti d’autore

Diego Savador / Girolamo Mingione / Letizia Lencioni/ Pietro Sacchini

Diego Salvador

Looking into my...

La visita alla Biennale Internazionale d’Arte di Venezia è sempre coinvolgente e stimolante. Il fotografo si può domandare come esprimere, interpretare, rappresentare attraverso le immagini fotografiche i sentimenti che prova osservando le opere e i visitatori.  In che modo creare una dimensione dove convivono le opere, gli artisti e i visitatori. Il mosso fotografico diventa così lo strumento linguistico per esprimere questa dimensione nella quale segni, colori, luce, le espressioni degli artisti e dei visitatori si confondono e si influenzano reciprocamente. Le opere si staccano dalla parete e abbracciano lo spettatore in una rappresentazione di forte connotazione empatica. Infine la domanda: come queste espressioni fotografiche troveranno accoglienza nel pensiero delle persone che passeranno davanti a queste rappresentazioni?


Girolamo Mingione

Contrapposizioni

C’è un edificio a Roma che per gli amanti della fotografia minimalista e di architettura è una fonte inesauribile di ispirazione, specialmente quando la luce del sole colpisce l’immobile in modo particolare: è chiamato “Città del Sole”; si trova vicino alla stazione Tiburtina. Mi ha appassionato il gioco di luce e ombra che si generava tra le sbarre che ricoprivano la struttura e nei cortili. Nelle immagini ho esasperato il contrasto, cercando di rimanere nel reale pur estraniandomi dal contesto in cui il complesso sorge. Il bianconero è stata una scelta inevitabile per focalizzare l’attenzione e per evidenziare linee e aree in un gioco di geometrie che potesse rivelare anche la terza dimensione. In questo senso la mia ricerca tenta di risolversi in un grafismo dove le zone dei neri profondi, statiche, vengono contrapposte al ritmo dinamico delle sbarre che rivestono la struttura e dove bidimensionalità e tridimensionalità si contendono il posto d’onore nello sguardo dello spettatore.
 


Letizia Lencioni

Progetto:  La fanciulla e la sposa


“ Da piccoli si sogna e si immagina, da adulti si pensa e si ricorda. Ecco allora una bambina che osserva come sarà il giorno in cui sarà sposa e una donna sposa che ricorda che da bambina sognava di diventarlo. Un fiocco tatuato a ricordare un legame, come quello con una fanciullina che sognava, l’abitino bianco di una fanciullina lasciato su una sedia dopo aver visto che i sogni si possono realizzare”
 

Pietro Sacchini

Progetto: Incorporatus


Da quando sono nato, tutti gli anni in estate vado al Marchese sulla litoranea di Manduria (Ta), un posto selvaggio, rupestre, macchia mediterranea protetta, una casa qua e là e niente più. Ogni anno i soliti amici ad attendermi, ogni anno il solito paesaggio, tutto uguale ma tutto cambia, il paesaggio e gli amici sono cresciuti con me e le forme e le linee sono cambiate negli anni. Un posto in cui mi sento incorporato, incluso, incastonato, lo sento nelle ossa, ci siamo modellati insieme crescendo ognuno è parte dell'altro.
 
 

Alcune immagini del Catalogo di Torre e dintorni 4